Letizia Buoso. Una delle sere in cui è iniziato ‘Mi racconti di quando…’ un laboratorio di scrittura di storie per l’infanzia, all’#Op café nella primavera 2016. In primo piano c’è un gruppo di persone dai 18 agli oltre 70 anni che cerca immagini e parole per farne dei collage e inventare storie. Per starci tutte e tutti, abbiamo unito i tavoli bianchi e anche un lungo tavolo di legno. Tutto succede attraverso le mani: è attraverso il corpo (le percezioni e i sentimenti) che facciamo affiorare i pensieri e ascoltiamo cosa immaginiamo. Non lo immaginavamo ancora, qui, ma sarebbero nate così altre sessioni di laboratorio, due libri, due reading, la distribuzione delle prime due copie in asili, scuole e biblioteche e un ulteriore percorso di lettura. Oggi i libri esistono in numerose copie, il gruppo di allora si è trasformato e moltiplicato.
Momento difficile
Il momento più difficile nasce quando nei gruppi si attiva il giudizio. Ci siamo inventati nel primo laboratorio di scrittura un gioco che è “l’angolino dei ceci”. Quando qualcuno si sente giudicato può inginocchiarsi un momento nell’angolino dei ceci, rendersi conto che non è così terribile quello che sta facendo e che stanno facendo gli altri. Quando passa quel momento e riusciamo a riderne tutti insieme, a riderne di cuore, allora è come vedere un uovo che si rompe e un pulcino che esce.
Il luogo in cui mi piace stare
Il luogo in cui mi piace stare a Rho è il gradino che c’è all’ingresso dell’Auditorium. È dove ci siamo aspettati tante volte per iniziare un laboratorio. Perché stavamo guardando se finalmente arrivava qualcuno del gruppo o qualche spettatore per le reading. È il luogo dove dopo una sessione intensa di laboratorio siamo rimasti a chiacchierare per poter tornare a casa più tranquilli, o solo a ridere insieme.
Letizia Buoso. Ecco come ci siamo inventati di rilegare la prima copia dell’impaginato stampato del secondo libro, finito al volo appena prima della prima reading dei laboratori di scrittura e uno breve di lettura all’#Op cafè l’8 aprile 2017. In primo piano ci sono fogli pieni di disegni e fotografie, di mappe tracciate nei mesi da tutte le persone che hanno camminato, ascoltato e osservato Rho lungo quegli itinerari e hanno poi scritto frammenti, racconti, poesie o appunti. Sullo sfondo c’è il muro dell’Auditorium che accoglie il chiacchiericcio di familiari, amici e conoscenti accorsi ad ascoltare cosa abbiamo creato. Non solo l’impaginazione è stata curata dai partecipanti nel più piccolo dettaglio cromatico, una ricerca di armonia. Il reading era durato ore e aveva sbalordito alcuni che non si aspettavano quell’energia e comunicatività che si era liberata naturalmente stando insieme. Ora il libro è rilegato, ancora non siamo riuscite a correggerne i refusi anche se ci siamo tornate e tornati più volte. È uno strumento che 3 anni dopo genera ancora nuovi incontri, sorprese e relazioni.
La comunità lontana
Ho sentito la comunità lontana, anzi la comunità allontanarsi, quando qualcuno in difficoltà ha messo l’accento su una presunta bellezza formale, solo estetica della sua azione, dimenticandosi, o non riuscendo ancora a mettere a fuoco che la propria azione può essere un dono per gli altri.
Una cosa nata
Una cosa bella che è nata grazie a più di un laboratorio, è una geografia sentimentale condivisa. Abbiamo avuto la possibilità di scoprire che molti luoghi di Rho che ciascuno conosceva dal proprio punto di vista, erano realtà molteplici, cariche di un affetto che può essere condiviso e reinventato.