Questo luogo non ha un nome. Ha un numero: Settimo.
Il nome, come spesso accade, venne scelto per mere ragioni pratiche, in questo caso per indicare la distanza dell’allora villaggio dal centro della città di Milano: “ad septimum lapidem”.
Sette. Non è un numero semplice, ma zeppo di significati e di ricordi per ciascuno di noi.
Sette sono i giorni serviti a Dio per plasmare il mondo, i suoi abitanti, le sue tradizioni e sette sono i cieli, le terre e i mari che Allah ha voluto creare.
Sette le note musicali, le meraviglie del mondo, i colli e i re di Roma, il numero di maglia dell’indimenticabile Shevchenko e, per “quei de Setim”, di Luís Figo.
Sette è il numero della completezza, della perfezione del creato.
Settimo, però, non veniva chiamata così perché luogo perfetto, lo abbiamo detto.
Ma se è vero che un nome non dice il suo destino, spesso, segretamente, lo contiene.
“Ad septimum lapidem” dal centro, la vita degli abitanti di Settimo si avvicina alla vita equilibrata.
Settimo è a misura d’uomo: non troppo grande da disorientare, non troppo piccola da soffocare. Abbastanza lontana dalla città per conservare i propri campi verdi, ma vicina quanto basta per respirarne la vivacità ed assorbirne la mondanità. I suoi abitanti sono tanti ma non troppi, in numero sufficiente perché si possa ancora dire “hai saputo di quello lì? Ma sì dai, quello che…”
È un luogo equilibrato perché in molti ricordano il vecchietto che passeggiava sempre con il sacchetto giallo, in tanti sanno chi è Giovanni “la Pantera Rosa”, Rocco detto “passo felpato”, la bresciana con il cane che si chiama Lelluccio.
Settimo è una città equilibrata perché Settimo non è solo un insieme di vie, di strade, di negozi.
Settimo non è solo le sue chiese e gli oratori, la piazza del mercato del mercoledì, la cooperativa, la festa di fine ottobre sempre sotto la pioggia, la DDS, i giardinetti, la banda, il cinema con i sedili scomodi e il Granaio.
Il nome, come spesso accade, venne scelto per mere ragioni pratiche, in questo caso per indicare la distanza dell’allora villaggio dal centro della città di Milano: “ad septimum lapidem”.
Sette. Non è un numero semplice, ma zeppo di significati e di ricordi per ciascuno di noi.
Sette sono i giorni serviti a Dio per plasmare il mondo, i suoi abitanti, le sue tradizioni e sette sono i cieli, le terre e i mari che Allah ha voluto creare.
Sette le note musicali, le meraviglie del mondo, i colli e i re di Roma, il numero di maglia dell’indimenticabile Shevchenko e, per “quei de Setim”, di Luís Figo.
Sette è il numero della completezza, della perfezione del creato.
Settimo, però, non veniva chiamata così perché luogo perfetto, lo abbiamo detto.
Ma se è vero che un nome non dice il suo destino, spesso, segretamente, lo contiene.
“Ad septimum lapidem” dal centro, la vita degli abitanti di Settimo si avvicina alla vita equilibrata.
Settimo è a misura d’uomo: non troppo grande da disorientare, non troppo piccola da soffocare. Abbastanza lontana dalla città per conservare i propri campi verdi, ma vicina quanto basta per respirarne la vivacità ed assorbirne la mondanità. I suoi abitanti sono tanti ma non troppi, in numero sufficiente perché si possa ancora dire “hai saputo di quello lì? Ma sì dai, quello che…”
È un luogo equilibrato perché in molti ricordano il vecchietto che passeggiava sempre con il sacchetto giallo, in tanti sanno chi è Giovanni “la Pantera Rosa”, Rocco detto “passo felpato”, la bresciana con il cane che si chiama Lelluccio.
Settimo è una città equilibrata perché Settimo non è solo un insieme di vie, di strade, di negozi.
Settimo non è solo le sue chiese e gli oratori, la piazza del mercato del mercoledì, la cooperativa, la festa di fine ottobre sempre sotto la pioggia, la DDS, i giardinetti, la banda, il cinema con i sedili scomodi e il Granaio.
Settimo è i suoi cittadini, quelli passati, quelli presenti e quelli che verranno. Cittadini di una comunità con una precisa identità e l’intima, benché spesso nascosta, consapevolezza di vivere in un luogo equilibrato.
Settimo non è perfetta, non esistono città perfette, ma esiste per ogni cittadino il dovere di lasciare il mondo un posto migliore di come lo si è trovato.
A quelli di Settimo, di oggi e di domani, rimane la grande sfida e l’arduo compito di far sì che un nome non solo contenga il suo destino ma altresì lo sveli.
Settimo non è perfetta, non esistono città perfette, ma esiste per ogni cittadino il dovere di lasciare il mondo un posto migliore di come lo si è trovato.
A quelli di Settimo, di oggi e di domani, rimane la grande sfida e l’arduo compito di far sì che un nome non solo contenga il suo destino ma altresì lo sveli.